Dal 2004 ossia da quando ha
assunto la forma di società per azioni e sino al 2010 (non sono ancora pubblici
i dati del bilancio 2011) l’ASIA è
costata ai beneventani oltre 60 milioni di euro: 53 per il servizio e 7 per le
perdite, realizzate al ritmo di un milione di euro all’anno in media. A fronte
di questo stock spaventoso di spesa gli investimenti netti risultano essere
stati inferiori a 5 milioni di euro. L’inadeguatezza degli investimenti è
quotidianamente sotto gli occhi di tutti ed è ben rappresentata dalla
fatiscenza, precarietà e ristrettezza della sede operativa di via Ponticelli.
Nel cuore di una zona sempre più densamente abitata, a ridosso del centro
storico, affacciata su uno snodo oramai nevralgico di collegamento tra la parte
bassa e la parte alta della città, lungo l’asse per collegamenti viari
autostradali, quella sede, con il ricovero dei mezzi adibiti alla raccolta dei
rifiuti e l’officina per le riparazioni ed i lavaggi, che se appartenesse ad
un’azienda privata, sarebbe probabilmente oggetto di numerose contestazioni da
parte della pubblica amministrazione (sanitaria in primis), è l’emblema della
carenza di una seria politica degli investimenti. E come tutti sappiamo senza
investimenti le aziende muoiono.
Mentre, dunque, languono gli
investimenti la spesa d’esercizio e le perdite sono lanciate al galoppo, senza
freni e senza inibizioni. L’ASIA, come per la verità le altre partecipate e
collegate, è, dunque, gestita e concepita come un centro di spesa e non come
un’azienda che investe per la realizzazione di un servizio secondo criteri di
economicità ossia con l’obiettivo minimo del pareggio di bilancio.
Odo già le osservazioni dei
politici da strapazzo per i quali i servizi pubblici sono naturalmente gestiti
in perdita e mi limito ad osservare che per il servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti la legge impone che il costo sia interamente coperto
dai cittadini attraverso il prelievo TARSU. E’ dunque fissato dalla legge il sostanziale
obbligo di pareggio. Non è detto, poi, che un servizio pubblico debba essere
svolto necessariamente con metodo antieconomico tendente alla perdita. La
verità è che queste aziende sono asservite ad un potere politico che usa le
“partecipate” ed i soldi dei cittadini per realizzare obiettivi altri e poco
confessabili.
La discussione in atto in questi
giorni sul Presidente Lonardo è illuminante in tal senso. Non si capisce bene
cosa gli si imputi e le imputazioni sono di carattere estemporaneo,
propagandistico, superficiale. La città è sporca, è vero. Ma lo si sapeva che
lo sarebbe stata. Tutti i soldi disponibili ed anche più sono stati spesi nei
due anni prima delle elezioni ed ora si paga il conto. L’ASIA non riesce a
svolgere il servizio, l’AMTS non riesce manco a pagare gli stipendi. Rispetto a
questi drammatici risultati ed alle cifre che ho esposto in apertura
un’azionista consapevole di rischiare i soldi propri avvierebbe un’analisi
profonda dei risultati e delle loro cause per elaborare un piano strategico per
il futuro ed individuerebbe, infine, un management capace e disponibile a
realizzare quel piano.
In questi giorni, invece, il
Sindaco e la sua maggioranza discutono terribilmente di chi piazzare dove senza
curarsi neanche di fingere una discussione che abbia un minimo di tecnicità,
profondità, accuratezza di analisi e proposta. Alla fine ad un Lonardo se ne
sostituirà un altro.
Il management delle aziende
partecipate e degli altri enti e para enti pubblici, infatti, è individuato in
perfetta coerenza con gli obiettivi dell’azionista politico (maggioranza di
turno): privilegio delle appartenenze, disponibilità all’ascolto di esigenze
extra aziendali. Lonardo o prima di lui De Longis o chi per loro sono stati
scelti per essere abili e riconosciuti manager delle aziende di settore?
L’ASIA e le altre partecipate e
collegate avrebbero bisogno di obiettivi chiari e codificati, investimenti
duraturi, management competenti. La politica non pare indirizzata su questa
via. Ci sorbiremo un Consiglio Comunale in cui si discuterà del guascone
Lonardo piuttosto che di bilanci, di domeniche ecologiche piuttosto che di
investimenti, di percentuali a caso e via discorrendo. Si continuerà a spendere
tanto, investire poco, a designare management di comodo ad avere servizi a
singhiozzo (3 anni no e due si); lo hanno deciso gli elettori il 16 maggio
2011.
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