Avevo ben 17 anni quando scoprii che la mia anca era colonia di cellule tumorali. Si chiama osteosarcoma, è un tumore che colpisce per lo più i bambini, ed in oncologia lo si è sino a 18 anni. Un anno e mezzo, tra ospedali americani (MD Anderson Cancer Center e New York Hospital Memorial Sloan Kettering) ed italiani (Rizzoli di Bologna e Policlinico Gemelli di Roma), mi ci è voluto per farla franca ed urlare “fuck you” ad uno dei più malefici e mortali tra i sarcomi. Almeno un altro anno e mezzo mi ci è voluto per rimettermi in forma dalle debilitazioni prodotte dal cisplatino, dall’adriamicina, dal metotrexate, dagli interventi chirurgici e fatterelli collaterali vari. Mi hanno detto che è stata dura; io l’ho vissuta con una naturale tendenza a pensare che sarebbe passata. Ho pianto pochissimo, forse mai. Ho preso in giro medici e infermiere/i, mi sono colorato la faccia quando mi dicevano che ero pallido e dovevo mangiare (quando ti buttano in corpo quelle sostanze maledette e salvifiche ti passa la fame al punto che pensi che non mangerai mai più), ho nascosto nel letto le bottigliette di “sustacal”, una bevanda ricostituente al teorico sapore di cioccolato, mi sono goduto le partite dell’NBA in diretta col commento americano, erano gli anni di Michael THE AIR Jordan. Gli americani che mi giravano intorno mi chiamavano THE FIGHTER, perché non mi scoraggiavo mai, non mi lamentavo mai, neanche quando dovetti curare una fastidiosa ed imbarazzante ferita al glande!
Oggi ho 43 anni e qualche mese e devo prendere atto che THE FIGHTER è morto; gli è sopravvissuto un Antonio Medici sempre più chiuso su se stesso, solitario, stordito dalle voci che gli urlano in testa le riflessioni più disparate e contraddittorie e soprattutto fragile, incapace di nascondersi a ridere dietro il muro del “passerà”. Ho tolto il dente del giudizio, poco fa; per una settimana ho vissuto con l’ansia di questo appuntamento; THE FIGHTER se ne sarebbe altamente infischiato. Non appena mi son steso sulla chase-longue dentistica ho iniziato ad avvertire quel languore di stomaco che precede lo svenimento, ho dovuto usare ogni trucco del mestiere per resistere; THE FIGHTER ha subito ben altro senza neanche l’accenno del languore. Stavo quasi piangendo, ho pianto dopo, a casa, senza che abbia provato manco il fastidio del pizzico della siringa dell’anestesia (onore al mio dentista); THE FIGHTER non piangeva mai.
THE FIGHTER è morto e Antonio è stanco.
Perché scrivo? Perché ho un costante mal di testa e non voglio parlare!
Oggi ho 43 anni e qualche mese e devo prendere atto che THE FIGHTER è morto; gli è sopravvissuto un Antonio Medici sempre più chiuso su se stesso, solitario, stordito dalle voci che gli urlano in testa le riflessioni più disparate e contraddittorie e soprattutto fragile, incapace di nascondersi a ridere dietro il muro del “passerà”. Ho tolto il dente del giudizio, poco fa; per una settimana ho vissuto con l’ansia di questo appuntamento; THE FIGHTER se ne sarebbe altamente infischiato. Non appena mi son steso sulla chase-longue dentistica ho iniziato ad avvertire quel languore di stomaco che precede lo svenimento, ho dovuto usare ogni trucco del mestiere per resistere; THE FIGHTER ha subito ben altro senza neanche l’accenno del languore. Stavo quasi piangendo, ho pianto dopo, a casa, senza che abbia provato manco il fastidio del pizzico della siringa dell’anestesia (onore al mio dentista); THE FIGHTER non piangeva mai.
THE FIGHTER è morto e Antonio è stanco.
Perché scrivo? Perché ho un costante mal di testa e non voglio parlare!