Periodicamente tornano le notizie, sparate in prima pagina e nelle head news dei portali di informazione, sulle pensioni di invalidità revocate, insomma la questione, tutta italica, dei falsi invalidi. I comunicati stampa con gli altisonanti numeri delle pensioni revocate sono inviati ora dall’INPS, ora dalla Guardia di Finanza, ora da qualche Procura della Repubblica, ciascuno alla ricerca del proprio momento di gloria. I giornali, che cercano di vendere qualche copia in più, poi, rinunciano a qualsiasi analisi critica del fenomeno, a qualsiasi approfondimento, limitandosi ad enfatizzare il “male”, la “truffa” e gli aspetti penosamente folkloristici della vicenda: i ciechi che guidano, gli zoppi che corrono, i muti che parlano, i sordi che ripetono quello che hanno sentito.
Alcuni anni fa scrissi su “il quaderno”, un articolo su questo tema; correva l’era del primo Governo Berlusconi e Clemente Mastella, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, avviò una campagna molto mediatica sui falsi invalidi. In quell’articolo, che non ritrovo, ricordo che scrivevo di quanto fosse strano strana la corsa ad acquisire lo status di falso reietto (si, perché gli invalidi in Italia sono stanzialmente dei reietti: senza lavoro, senza assistenza e di fatto senza diritti) e di quanto fosse anomalo che nel perseguire i falsi invalidi, revocandogli giustamente le prestazioni pensionistiche ed altri benefici, non si riuscisse ad arrestare alcun componente delle commissioni mediche che avessero certificato l’esistenza di una invalidità invece inesistente, né a recuperare nulla di quanto che questi membri (per lo più medici) avessero incassato indebitamente come tangente, come benefit, come “riconoscimento” dagli invalidi falsi e da quelli veri. Si perché in questo contesto di diffusa illegalità l’invalido vero deve provarle tutte per veder riconosciuta la propria menomazione o per “spingere” un po’ la pratica per il suo sacrosanto diritto. Mi chiedevo, infine, se questo sistema di corruzione ed illegalità non fosse alimentato dal sistema politico affaristico – clientelare che pure nelle false invalidità, e quindi nelle nomine nelle commissioni mediche, trovava e trova un suo bacino di utenza. Non è, dunque una novità che esistono i falsi invalidi, che il politico di turno, ipocritamente, ne cavalchi mediaticamente la lotta, che il sistema imperturbabile perduri. La notizia è stantia ma fa sempre notizia, perché abbevera la sete di vendetta dei cittadini vessati.
Sono un vero invalido (come ha riconosciuto ultimamente il Tribunale Civile di Benevento e come sanno quelli che mi conoscono); affronto quotidianamente con molto entusiasmo ogni genere di difficoltà connessa alla mia menomazione. E’ una fatica devo ammettere che richiede una costante, massiccia, dose adrenalinica (è per questo forse che sono un po’ incazzoso). C’è chi tra i disabili, invalidi civili, però, e son tanti, l’adrenalina (metafora di una serie di condizioni sociali, economiche, culturali, di fortune e di opportunità) non ce l’ha o non riesce a metterla in circolo e subisce quotidianamente le conseguenze e l’handicap di una società ostile. Questi invalidi veri hanno problemi ad ottenere ausili dall’ASL, ad ottenere prescrizioni mediche, a muoversi, ad uscire di casa, a svolgere funzioni essenziali, a far valere i propri diritti, ad affermare la propria umanità e dignità. Sono storie di sofferenze perduranti e nascoste. Notizie che non fanno clamore e di cui i giornali non si occupano, così come non si preoccupano di verificare quanti veri invalidi hanno subito l’ingiustizia di una burocrazia cieca e persecutoria che li ha dichiarati “falsi”. “Questo caso è veramente singolare perché sarebbe sufficiente il comune buon senso mentre risulta come esso sia esempio di procedura burocratica che delimita spazi troppo angusti”, questo è ciò che ha scritto il consulente tecnico del Giudice che ha istruito la mia causa contro il provvedimento dell’INPS che mi aveva dichiarato FALSO INVALIDO. Quanti casi “singolari” esistono in questo paese, quante segrete sofferenze, quante torture burocratiche vengono aggiunte al quelle della vita. Se un incazzoso come me soffre e si sente umiliato nel vedersi dichiarato “falso” invalido, nel dover combattere per affermare l’esistenza di una menomazione che vorrebbe dimenticare, cosa succede nell’animo di chi ha meno adrenalina, di chi non ha amici che lo aiutano, di chi non ha dimestichezza con i ricorsi e con gli strumenti di tutela dei propri diritti, di chi non riesce più a fronteggiare la stanchezza delle fatiche dell’esistenza quotidiana. Bisognerebbe fare il bilancio della sofferenza umana: quanta sofferenza produce una “procedura burocratica troppo angusta” per la quale di dichiara una falsa invalidità, purtroppo, ben vera; quanta sofferenza produce uno Stato che impiega scarse risorse per aiutare a vivere gli invalidi veri (che assurdità dover aggiungere l’aggettivo qualificativo). C’è un giornalista, una testata che per una volta è disponibile a parlare delle tristezze di queste vite o anche delle fatiche di chi ce la fa a “vivere”?
E’ il segno di tempi in cui prevalgono egoismi e rabbie l’additare il truffatore, tra l’altro più debole (ed il falso invalido lo è rispetto al sistema delle commissioni corrotte e politicizzate), e l’ignorare l’universo di dolore e scoramento degli invalidi “veri” ed indifesi.
Alcuni anni fa scrissi su “il quaderno”, un articolo su questo tema; correva l’era del primo Governo Berlusconi e Clemente Mastella, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, avviò una campagna molto mediatica sui falsi invalidi. In quell’articolo, che non ritrovo, ricordo che scrivevo di quanto fosse strano strana la corsa ad acquisire lo status di falso reietto (si, perché gli invalidi in Italia sono stanzialmente dei reietti: senza lavoro, senza assistenza e di fatto senza diritti) e di quanto fosse anomalo che nel perseguire i falsi invalidi, revocandogli giustamente le prestazioni pensionistiche ed altri benefici, non si riuscisse ad arrestare alcun componente delle commissioni mediche che avessero certificato l’esistenza di una invalidità invece inesistente, né a recuperare nulla di quanto che questi membri (per lo più medici) avessero incassato indebitamente come tangente, come benefit, come “riconoscimento” dagli invalidi falsi e da quelli veri. Si perché in questo contesto di diffusa illegalità l’invalido vero deve provarle tutte per veder riconosciuta la propria menomazione o per “spingere” un po’ la pratica per il suo sacrosanto diritto. Mi chiedevo, infine, se questo sistema di corruzione ed illegalità non fosse alimentato dal sistema politico affaristico – clientelare che pure nelle false invalidità, e quindi nelle nomine nelle commissioni mediche, trovava e trova un suo bacino di utenza. Non è, dunque una novità che esistono i falsi invalidi, che il politico di turno, ipocritamente, ne cavalchi mediaticamente la lotta, che il sistema imperturbabile perduri. La notizia è stantia ma fa sempre notizia, perché abbevera la sete di vendetta dei cittadini vessati.
Sono un vero invalido (come ha riconosciuto ultimamente il Tribunale Civile di Benevento e come sanno quelli che mi conoscono); affronto quotidianamente con molto entusiasmo ogni genere di difficoltà connessa alla mia menomazione. E’ una fatica devo ammettere che richiede una costante, massiccia, dose adrenalinica (è per questo forse che sono un po’ incazzoso). C’è chi tra i disabili, invalidi civili, però, e son tanti, l’adrenalina (metafora di una serie di condizioni sociali, economiche, culturali, di fortune e di opportunità) non ce l’ha o non riesce a metterla in circolo e subisce quotidianamente le conseguenze e l’handicap di una società ostile. Questi invalidi veri hanno problemi ad ottenere ausili dall’ASL, ad ottenere prescrizioni mediche, a muoversi, ad uscire di casa, a svolgere funzioni essenziali, a far valere i propri diritti, ad affermare la propria umanità e dignità. Sono storie di sofferenze perduranti e nascoste. Notizie che non fanno clamore e di cui i giornali non si occupano, così come non si preoccupano di verificare quanti veri invalidi hanno subito l’ingiustizia di una burocrazia cieca e persecutoria che li ha dichiarati “falsi”. “Questo caso è veramente singolare perché sarebbe sufficiente il comune buon senso mentre risulta come esso sia esempio di procedura burocratica che delimita spazi troppo angusti”, questo è ciò che ha scritto il consulente tecnico del Giudice che ha istruito la mia causa contro il provvedimento dell’INPS che mi aveva dichiarato FALSO INVALIDO. Quanti casi “singolari” esistono in questo paese, quante segrete sofferenze, quante torture burocratiche vengono aggiunte al quelle della vita. Se un incazzoso come me soffre e si sente umiliato nel vedersi dichiarato “falso” invalido, nel dover combattere per affermare l’esistenza di una menomazione che vorrebbe dimenticare, cosa succede nell’animo di chi ha meno adrenalina, di chi non ha amici che lo aiutano, di chi non ha dimestichezza con i ricorsi e con gli strumenti di tutela dei propri diritti, di chi non riesce più a fronteggiare la stanchezza delle fatiche dell’esistenza quotidiana. Bisognerebbe fare il bilancio della sofferenza umana: quanta sofferenza produce una “procedura burocratica troppo angusta” per la quale di dichiara una falsa invalidità, purtroppo, ben vera; quanta sofferenza produce uno Stato che impiega scarse risorse per aiutare a vivere gli invalidi veri (che assurdità dover aggiungere l’aggettivo qualificativo). C’è un giornalista, una testata che per una volta è disponibile a parlare delle tristezze di queste vite o anche delle fatiche di chi ce la fa a “vivere”?
E’ il segno di tempi in cui prevalgono egoismi e rabbie l’additare il truffatore, tra l’altro più debole (ed il falso invalido lo è rispetto al sistema delle commissioni corrotte e politicizzate), e l’ignorare l’universo di dolore e scoramento degli invalidi “veri” ed indifesi.